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Metafile di: Verso la consapevolezza
data 2002-12-04
autore Gianfranco Novo
titolo Verso la consapevolezza
genere Autocoscienza
contatore 1101
Verso la consapevolezza
Si apre il sipario: la scena è povera e poco curata.
Due attori sembrano non accorgersi di essere già in scena e continuano un discorso iniziato in precedenza.

L'attore uno parla con leggero accento dialettale: - Non più di venti persone. Anche questa sera il pubblico è scarso, dobbiamo convincerci che siamo attori di serie B, che non avremo mai successo. -

Il pubblico rumoreggia.

L'attore due si esprime anche lui con accento, ma di un dialetto leggermente diverso: - Che dici? Noi siamo attori perfetti. Nessuno può interpretare come noi la nostra parte! La parte di due attori di seconda categoria che non sanno recitare. La commedia è perfetta per noi. -

Uno: - Dici? E perché allora il pubblico é così scarso? Se fosse come dici tu, dovremmo avere la sala piena di gente importante: ministri, letterati, premi Nobel, finanzieri, artisti... -
Due: Ma no, ma no, quella è gente intenta a recitare in altri campi, noi abbiamo bisogno di un pubblico che sappia fare la sua parte di pubblico che sta assistendo ad una commedia mediocre, recitata da attori bravissimi che stanno recitando maldestramente una brutta commedia. Un pubblico che non si annoi e che sappia rumoreggiare al momento giusto. -

Uno: - Ma allora, loro (e indica il pubblico) sono attori!
Due: - Oh, l'hai capita finalmente!

Uno: - Sì l'ho capita, ma la cosa mi preoccupa ancora di più. -
Due: - E perché, scusa? -

Uno: - Perché, se sono attori, non dovrebbero pagare, ma piuttosto, essere pagati e noi di soldi ne abbiamo ben pochi. -
Due: - Vedi che non hai ancora capito. Se loro non pagassero, non sarebbero più un pubblico perfetto e non meriterebbero due attori perfetti come noi siamo. -

Uno: - Non ho capito no! Non capisco, per esempio, che cosa ci guadagnano a venire a spendere soldi per lavorare! -
Due: - Hai la testa dura sai, c'è un sacco di gente che spende soldi per lavorare. Quando fanno ore e ore di macchina per raggiungere i posti di villeggiatura, quando vanno in spiaggia ad orari fissi, come gli operai delle fabbriche. -

Uno: - Forse ho capito, ma perché lo fanno? -
Due: - Per la stessa ragione per la quale noi siamo qui a recitate. Noi attori bravissimi, dovremmo guadagnare molto di più, ma anche se questo non succede lavoriamo lo stesso, quasi gratuitamente, per il piacere di recitare. Siamo pagati per recitare male, ma quello che sta dietro, la nostra perfetta interpretazione di noi stessi, non viene affatto pagato se non dalla perfetta recitazione del pubblico, che fa la parte di un pubblico deluso. -

Uno: - Sì, forse hai ragione, ma... -
Due: - Ma cosa? Hai ancora dubbi? -

Uno: - Eh, direi di sì, per esempio, io so benissimo il titolo della commedia che stiamo interpretando male, nel tabellone all'ingresso del teatro c'è scritto “Due attori in scena“, ma l'altra, quella che, secondo te, interpretiamo con tanta maestria, non è mai stata scritta. -
Due: - Mmm, non è mai stata scritta perché si sta scrivendo adesso, man mano che la recitiamo, anzi forse è più corretto dire che la recitiamo man mano che viene scritta. -

Uno: - Eeeh? Vuoi dire che noi non stiamo recitando, ma che semplicemente veniamo scritti? Perchè è di noi che si tratta! E' vero o mi sbaglio? -
Due: - In un certo senso. -

Uno: - Come in un certo senso, non si tratta forse di noi? -
Due: - Sì, sì, apparentemente si tratta di noi, ma in realtà... -

Uno: - Fermo, fermo, non tirare fuori altre storie, che sto perdendo la testa. Rispondi semplicemente alla mia domanda: si tratta di noi? -
Due: - Sì, si tratta di noi, ma nella commedia. -

Uno: - Quale commedia, quella che stiamo recitando male o l'altra? A proposito come si chiama l'altra? -
Due: - L'altra si chiama “Il mondo è una commedia“ e noi siamo importanti in entrambe, non nella terza. -

Uno: - Non dirmi che ce n'è una terza! -
Due: - Beh, in un certo senso sì. -

Uno: - E come si chiama questa terza? -
Due: - Aspetta devo leggere sopra... “Verso la consapevolezza“. -

Uno: - E che succede in questa terza? -
Due: - C'è un tizio che interpreta perfettamente la parte di un mediocre scrittore che scrive una commedia giusta per noi. -

Uno: - Ma allora nessuno sa ancora come finisce! -
Due: - Forse. Dipende. -

Uno: - Come forse? Non tirare fuori altre storie, dimmi definitivamente, senza tirarla troppo per le lunghe, che cosa siamo, cos'è questa nostra esistenza e se possiamo saperne ora la conclusione. -
Due: - E' dall'inizio che provo a spiegarti, ma non è facile, e certe cose non le so neppure io. In questo momento per esempio noi potremmo essere “scrivendo“ e in quel caso nessuno saprebbe esattamente come finirà, ma potremmo anche essere “leggendo“ cosicché qualcuno saprebbe la conclusione, ma non noi, perché noi appunto siamo “leggendo“. -

Uno: - Quando parli così mi metti l'angoscia, mi vuoi dire una volta per tutte, se sapremo mai come finisce la nostra storia? -
Due: - In “realtà“ è molto semplice, noi lo sapremo insieme a colui che ci sta leggendo, quando egli finirà di interpretare la sua parte di lettore, cioè quando leggerà per la seconda volta la parola “FINE“. -

Uno: - Eeeeh?! -

Si chiude il sipario. Il pubblico rumoreggia.

FINE

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